Scalea: Intitolata a Francesco Acquaviva la scuola del villaggio di Timboni, in Kenia.
Francesco Acquaviva, bancario di Scalea, è morto lo scorso 19 marzo.
L’edificio scolastico è stato realizzato per la popolazione locale dall’associazione “Drops”, una organizzazione di volontariato siciliana nata a Palermo, operante da 18 anni nel contesto, in particolare per il sostegno a distanza, per le cure mediche pediatriche, con l’impiego di medici locali, e collaborando con le scuole.
Daniele D’anna, fondatore di Drops, ha condiviso momenti di formazione e di lavoro con Francesco Acquaviva e in Kenya presta la sua opera di volontariato durante alcuni periodi dell’anno. L’intitolazione è scaturita dalla volontà da parte di molti colleghi di Francesco, tra questi Marialuigia Tancredi, che ha coordinato le operazioni di raccolta, a contribuire con donazioni in denaro per completare la scuola. Daniele D’anna spiega come è nata questa iniziativa.
“Ero impegnato in questo progetto al villaggio di Timboni quando tramite amici comuni ho appreso la triste notizia. In breve tempo, mi ha contattato Maria Luigia dicendomi che di comune accordo con altri colleghi e con i famigliari di Francesco volevano fare qualcosa in suo nome e che non era un caso il fatto che io mi trovassi in Africa proprio in quel momento. Per completare la scuola che oggi porta il suo nome servivano dei fondi, in particolare per terminare gli spazi interni e dotarli di infissi e arredi. L’idea era di lavorare per moduli, finendo una classe per volta in base alle somme a disposizione. Alla fine, è stata raccolta una somma sufficiente a completarne quattro, 3 per l’infanzia e una per la prima classe delle elementari, ma durante i lavori è successo qualcosa di molto particolare.
Il Kenya, tra i tanti altri problemi, è un Paese dai tempi burocratici giganteschi. Inoltre, le ditte lavorano solo con deposito e con il pagamento giornaliero della manodopera. Insomma, nessuno lavora sulla parola e, in attesa dei trasferimenti dei bonifici, ho deciso di dare fondo alla cassa dell’organizzazione per far iniziare le opere.
Quando le disponibilità sono terminate e serviva ancora tempo per ricevere i primi soldi raccolti dai colleghi, ho parlato agli operai e ho raccontato loro della motivazione della nostra iniziativa. Questi hanno capito e, sorprendentemente, visto che tra l’altro portano da mangiare a casa solo grazie al salario giornaliero, hanno deciso di continuare a lavorare lo stesso, sulla fiducia.
È una cosa che normalmente non accade. Per cui tra volontari della Drops, proprietari delle ditte e operai c’è stata la condivisione del progetto. In due settimane, lavorando notte e giorno, è stato fatto quel che normalmente qui si fa in due mesi”.