
LAURIA: Lettera aperta alle istituzioni
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Care Istituzioni,
non so bene chi interpellare di preciso, se il Comune o la Regione o il Commissario o l’Assessore, quindi mi rivolgo genericamente a Voi, Personalità col pronome al maiuscolo.
Mi chiamo Federico Papa, sono un cittadino lauriota dal 1987, con una lunga parentesi migratoria al nord, che ha orgogliosamente deciso di tornare.
Ero orgoglioso ed entusiasta quando ho fatto i bagagli, ché vedevo potenzialità immense nel mio paese, fieramente fregiatosi del titolo di città una trentina di anni fa, che in trenta anni non ha fatto altro che perdere pezzi, che nonostante tutto ha visto negli ultimi tempi un notevole sviluppo turistico, grazie al film di Rocco Papaleo, che ha fatto conoscere oltre i confini della Regione le splendide zone in cui viviamo, e grazie alla posizione particolarmente strategica di Lauria, un ponte tra la costa e l’entroterra, tra la Campania e la Calabria. In pochi possono vantarsi di vivere in un luogo che nel raggio di venti chilometri dà la possibilità di esplorare una delle coste più belle d’Italia, montagne che toccano i duemila metri di altitudine e parchi nazionali di interesse internazionale. E poi borghi e cibi e culture, dove tutto è così uguale e così diverso. Un patrimonio.
Un patrimonio che va salvaguardato e che invece stiamo dilapidando. Ma si possono ancora aggiustare le cose, si può ancora aggiustare il presente per un futuro da costruire, verrebbe da dire su solide basi. Però per farlo c’è bisogno di serietà, di chiarezza, di competenza, c’è bisogno che l’interesse collettivo prevalga sugli interessi personali, che il benessere di tutti prevalga sul guadagno di pochi. Ed è esattamente questo che chiedo a Voi, Personalità col pronome al maiuscolo. Anzi lo pretendo, ché questo è il Vostro lavoro.
Era il 1998, il secolo scorso, quando dopo il terremoto un po’ avventatamente ci fu il primo sgombero delle case più prossime al costone del rione Muraccione. Ci sono voluti diciotto anni e centinaia di migliaia di euro spesi in ristrutturazioni e messe in sicurezza per revocare l’ordinanza. Diciotto anni per ristrutturare immobili che non presentavano crepe, per mettere in sicurezza un dirupo che era rimasto come era nel 1997, tolta la caduta di un masso comunque già da anni in posizione precaria, vecchio ricordo della frana del 1820, quella che il Beato miracolosamente fermò. Ci sono voluti diciotto anni per mettere i punti a una ferita invisibile e arrivando al 2021 viene da chiedersi se quei punti non abbiano avuto l’effetto contrario accelerando un processo naturalmente molto lento anziché fermarlo. Quello che per due secoli non si era più mosso il 6 gennaio 2021 è venuto giù. Di nuovo le conseguenze si sono abbattute su quelle stesse famiglie tenute fuori casa per vent’anni, che hanno potuto goderne per neanche cinque, che hanno dovuto subire, di nuovo, un maledetto sgombero.
Così è ricominciata la giostra, altri soldi, altri progetti, altri lavori, altre ordinanze. Soldi sprecati, perché i progetti sono sbagliati. E i lavori sono fermi. E le ordinanze diventano permanenti, dal momento che sono già passati altri quattro anni.
La somma fa ventisette. Ventisette anni di tempo e denaro buttati al vento alla faccia della riqualificazione, della salvaguardia del territorio, della messa in sicurezza della cittadinanza. Perché Care Istituzioni deve essere ben chiara una cosa, non è più e probabilmente non è mai stato solo un problema di quattro gatti sgomberati, ma è un problema che se non risolto mette a rischio tutta l’area compresa tra la piazzetta Miraglia e il Largo Plebiscito, a ovest di via Roma. Mezzo centro storico in sostanza, mica robetta. Non certo tale da meritare tutta la negligenza, questo è un eufemismo, che ha subito in quasi trent’anni.
Perché di negligenza si tratta se non peggio se poi si va a scoprire che il progetto post sisma prevedeva l’uso di pali che come cunei si sarebbero inseriti nella roccia. I cunei generalmente si usano per spaccarle le cose, non per tenerle insieme.
Di negligenza si tratta se non peggio se poi si viene a scoprire che quegli stessi lavori non sono nemmeno stati ultimati perché a un certo punto la strada si stringeva, ma la macchina no e allora cos’altro fare se non fermarsi e lasciare tutto a metà? Non fa una piega.
Di negligenza si tratta se non peggio se il progetto post frana, costato quasi cinquecentomila euro, diventato esecutivo e poi approvato da una Commissione istituita apposta, una Commissione Straordinaria!, è stato redatto talmente bene da non farli praticamente neanche iniziare i lavori.
Di negligenza si tratta se non peggio se ci si ostina a redigere progetti che prevedono sempre le stesse soluzioni. Se la prima volta ha fatto danni perché mai la seconda dovrebbe funzionare?
Di negligenza si tratta se non peggio se le analisi geologiche, le analisi storiche, i sopralluoghi sono stati fatti solo per finta, ma non per finta sono stati messi a bilancio. Che se sono stati fatti davvero e non per finta allora c’è da mettersi le mani nei capelli. Perché sarebbe impossibile immaginare certe soluzioni se si fosse messo piede anche solo una volta al Muraccione. Ma io sono scemo, non ho certo l’immaginazione di chi prende compensi a cinque zeri per occuparsi di certe cose.
Scemo e ingenuo io, che dovendomi reinventare dopo quasi vent’anni di un’altra vita ho visto nella casa dei miei nonni il mio futuro e il mio umile contributo alla valorizzazione di un rione, di una città e di una valle pensando di aprire un’attività ricettiva e di promozione su tutte le bellezze, i percorsi, gli itinerari e le squisitezze di cui abbiamo la fortuna di essere circondati. Ingenuo perché credendo di vivere in un mondo normale non mi è sembrato affatto un azzardo investire risorse per entrare in possesso di una casa che fino a quel momento era proprietà di mio padre e di mio zio. Il progetto è approvato mi sono detto, il bando è chiuso, i soldi stanziati e i lavori assegnati, nulla può andare storto. E in effetti sono pure iniziati i lavori, con un po’ di ritardo certo, ma qualche mese in più sicuramente non pesa se si pensa a un tempo lungo più di un quarto di secolo. Peccato che siano stati sospesi prima ancora che il cartello di cantiere fosse compilato.
Adesso ho una casa che non posso abitare, ho l’IMU da pagare, l’IMU santiddio! Già perché Voi con una mossa me ne tenete fuori e con un’altra pretendete la tassa perché non ci dormo. Questa non è burocrazia, questa è perfidia, è il cane che morde lo stracciato, come si dice da queste parti. Dormo nel letto dove dormivo da bambino, a casa dei miei genitori, non certo per sfizio, ma perché non ho altro posto dove andare. Grazie a Voi. Con oltretutto l’implicazione della perdita di vari e sacrosanti bonus fiscali, perché l’ISEE aumenta. Grazie a Voi. E a rigirare il coltello ci si mettono gli articoli sul giornale, i servizi al tg e i consigli regionali e comunali che si affannano a cercare soluzioni allo spopolamento delle nostre zone. E allora via di alberghi diffusi e di contributi profusi, di incentivi a restare e di incentivi a tornare. Io sono tornato e ho intenzione di rimanere, con l’entusiasmo di un ventenne e mille idee in testa, ma mi state sbattendo la porta in faccia.
Care Istituzioni col pronome al maiuscolo a me la porta in faccia non fa paura, ma la Vostra negligenza, questo è un eufemismo, fa danni estremamente più gravi a una comunità intera e Voi, Care Istituzioni col pronome al maiuscolo, ne siete pienamente responsabili.
Con l’auspicio, e la pretesa, che negligenza e pressapochismo lascino spazio a professionalità e lungimiranza Vi auguro il meglio. Noi purtroppo al peggio ci stiamo abituando…
Federico Papa